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…E QUEL VIZIACCIO DELLE SIGARETTE…   Leave a comment

 

Roma, mercoledì 19 giugno ‘013

Sono stata via per 5 giorni. Bruscolini alla fine. Ma chi mi conosce sa quali reazioni chimiche, fuochi, terremoti, catastrofi naturali e non si inneschino in me anche in 5 soli giorni di viaggio. Talmente tante che manco un concerto dei Rammstein. Ma a quello ci arrivo poco a poco…

5 giorni in Inghilterra e la malattia ritorna. Puntuale come un orologio svizzero. Taaaac. Basta un aereo, pure scabercio della Ryanair. E ciao. Sono finita.

Ed io che pensavo ingenuamente che fosse un po’ come con le sigarette. Tipo che fai le crocette sul calendario per segnare da quanti giorni hai smesso con quel vizio barbaro e ti dici “ammazza sono un figo/a, 90 giorni che non fumo”, e più vai avanti e più ti senti un figo/a perché cacchio, ridendo e scherzando sei arrivato/a ad un anno e mezzo e non hai toccato una sigaretta manco per sbaglio, manco un tirello dopo il caffè che per i cultori della sigaretta pare sia quasi un cerimoniale. Ecco poi magari ti capita l’occasione giusta, o sbagliata a seconda dei punti di vista, magari la sigaretta te la offre il/la figo/a di turno e mica puoi dire di no… ecco, è lì che ti fotti. Pensavi di essere un figo/a e invece hai ricominciato. Ti è bastato un tiro e ti si è riaperto un mondo. No ma bravo!

Ecco io uguale! Io sto al viaggio come il fumatore pentito sta alle sigarette. Crocette sul calendario che manco un carcerato che aspetta il giorno del rilascio è così accanito. Arriva l’occasione e basta crocette, rimpacchetti il tuo bel borsone fresco fresco di detersivo alla vaniglia, fremi come un bambino di 4 anni nella notte di Natale. Quasi quasi ad ogni mutandina che pieghi, ad ogni calzino che bestemmi perchè non trovi l’altra coppia per fare il rotolino, ecco ad ogni cosa che parcheggi dentro la valigia è un magone di gioia! Eccola là, tutta fremente, sono ricaduta nella Sindrome della Scappata di Casa. Col cacchio che sono guarita. Per dirlo con la metafora di prima, ho ricominciato a fumare. Una cogliona insomma.

 

Sono stata via per 5 giorni. 5 fucking giorni ed è tornato tutto alla superficie. Gli odori nuovi, la lingua diversa, il tempo di merda che però siccome sei all’estero ti va bene pure quello, “è caratteristico” ti dici… anche il cibo di merda, al quale il tuo palato si abitua in un nanosecondo perché pure lui, il palato dico, è contento di essere all’estero. TUTTO. Tutte queste cose ti tornano su e ti si ripropongono come un caro amico che non vedevi da tempo. E invece è lì. C’è ma non si vede. Ecco, così è la mia Sindrome da Scappata di Casa. C’è, la bastarda, e spunta all’improvviso come l’herpes nel giorno del matrimonio.

 

Sono stata via per 5 giorni. Ed ho trovato ad aspettarmi due splendidi letti a castello. Uno a Nottingham ed uno a Manchester; Manchéster con l’accento sulla prima “e”mi raccomando, che loro ci tengono un sacco.

Chi ha letto alcuni miei post vecchi sa cosa vuol dire per me avere un letto a castello, quello basso, a disposizione. Io, i miei piedi che premono contro la rete del letto di sopra, e il mio flusso di idee. Un legame inscindibile.

A sto punto non so nemmeno se è più per gli spunti di riflessione che solo il viaggio mi regala, o se è per il letto a castello in sé… dovrei provare a comprarne uno per casa e fare le prove, fatto sta che solo quando mi impacchetti da qualche parte e mi fai dormire in un letto a castello io mi sento veramente VIVA. È brutto da dire ma il senso che do io non è così drammatico, è proprio un dato di fatto con il quale sto imparando a convivere. Almeno ci provo. Io sto da dio nella dimensione effimera del viaggio.

Per fare un esempio, questo ormai anno e mezzo a Roma dove certo non ho fatto una vita di clausura, è come può essere l’inverno per un orso bruno. E cioè una fase di letargo. Come se fosse un momento propedeutico ad un altro momento nel quale invece vuoi e puoi spaccare il mondo. Come se fosse solo una transizione necessaria per l’accumulo di energie, fino alla prossima avventura.

Che poi… letargo de che??? Solo perché non:

ho dormito nel deserto – fatto snorkeling in un mare infestato dagli squali – trascorso 10 giorni in camper – rubato il cibo ad altri backpackers – dormito all’ingresso di un McDonalds con un freddo porco – fatto bunjee jumping – sono stata morsa da animali sconosciuti – rischiato di morire divorata dai dingos – rischiato di essere arrestata sulla Hollywood Boulevard – sposata in una cappella a Las Vegas con la benedizione di Elvis – stata a Woodstock – mangiato scorpioni – nuotato dentro un cratere vulcanico – …vado avanti?

Ecco, non è solo per tutto questo che la mia vita di adesso si può chiamare statica. Essù dai. Che sarà mai. Esagerata.

Ci tengo a precisare che non tutte le cose sopracitate sono vere, alcune sono fittizie, per dare un tocco di folklore in più. La maggior parte invece, è vera. E non me la toccate che ne vado fierissima.

 

Sono stata via per 5 giorni. Sono stata spettatrice invasatissima del Download Festival, il megaconcerto dei miei sogni, la Disneyland dei bambini ciccioni americani. 5 giorni dei quali 3 pieni in mezzo al fango, e 5 su 5 sotto il sole – la pioggia – il sole – la pioggia – e così all’infinito, in balia di un tempo schizofrenico. Ho mangiato le porcate più adorabili e bevuto fiumi di birra (5 pounds per una, bastardi). Ho visto almeno 10 delle bands per le quali se fossi stata una bimbaminkia mi sarei messa a piangere e mi sarei strappata i capelli ( quelli bianchi nello specifico, unisco l’utile al dilettevole). Ho visto gente vestita da banana gigante saltare tra la folla e urlare “EAT BANANAS”, evidentemente già belli carichi alle 10 del mattino; ho visto gente fare crowd surfing sopra un coccodrillo gonfiabile, altri sopra una sedia; gente vestita da cavallo e gente vestita da Power Ranger; ho visto i Puffi pogare, ed energumeni di 2 metri x 2 metri tutti tatuaggi e borchie, emozionarsi fino alle lacrime sentendo la loro canzone preferita. Ho sofferto la sete e in alcuni momenti avrei ucciso per una bottiglietta d’acqua; e poi durante una delle esibizioni la bottiglietta mi è arrivata davvero, come se piovesse dal cielo. Piena però, secca sulla faccia. But I’m not complaining eh. Anche questo è metal. Ho visto gente sfidare le avversità climatiche in maniera proverbiale, con il sorriso in faccia e il perizoma al culo. That’s it. Solo quello. RESPECT per i due ragazzi quasi nudi che mi hanno fatto ridere di gusto. Ho visto i Rammstein. E sono talmente tamarri che li rivedrò ogni volta che mi capiterà l’occasione. Fino a che DU HAST non mi provocherà il rigurgito. Ed io di stomaco sono proprio forte.

Ho condensato in 5 giorni tutte le emozioni che avevo riposto accuratamente in un cassetto. Ho riaperto il vaso di Pandora.

In altre parole sono tornata la fumatrice incallita che ero. Spegnete quella cacchio di sigaretta, per dio. Anzi no, datemene una, che la vita è una sola, e magari domani me sveglio fredda.

 

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Pubblicato 20 giugno 2013 da gigilamonja in Senza categoria

“QUELLA STORIA SUI FIUMI”   Leave a comment

 

Roma, giovedì 7 febbraio ‘013

Avete presente quando siete a corto di parole, oppure semplicemente non vi sentite ispirati, e avete paura che un concetto  venga interpretato male, o cosa ancor peggiore, non venga capito proprio, forse anche per questa vostra mancanza “verbale”… e allora rischiate che una cosa grande grande nella vostra testa venga fuori piccola piccola, e magari insignificante agli occhi di molti… e allora magari preferisci star zitto. Ecco.

Poi c’è qualcuno che sembra si sia messo quasi al tuo servizio, in un altro tempo e in un altro luogo, sembra quasi che tu lo abbia pagato per fare il ventriloquo, per esprimere quello che hai dentro in modo così perfetto, che si fa portavoce delle tue sensazioni senza manco saperlo, senza che tu glielo abbia chiesto.

E poi c’è qualcuno che da lontano geograficamente, ma sempre molto vicino al tuo cuore, tanto da essere un pezzo del tuo cuore, ti regala queste parole, perché anche se a volte hai dubitato che quel qualcuno, anche per troppo amore, potesse capire fino in fondo tutto, il perché delle tue scelte, perché è così difficile spiegare a volte, ed è così difficile capire a volte, invece no, zitto zitto quel qualcuno aveva capito tutto. 

Ringrazio quindi A. Baricco per essere stato carta e penna della mia testa e del mio cuore. E ringrazio Te per essere da sempre e per sempre la mia amica del cuore, quella che non importa Dove, Come e Perché, ma ha sempre una risposta giusta a tutte queste domande.

 

...QUELLA STORIA DEI FIUMI…
“(…) anche se mi sforzo, mi viene solo in mente quella storia dei fiumi, se proprio voglio trovare qualcosa che mi faccia digerire tutta questa faccenda, finisco per pensare ai fiumi, e al fatto che si son messi lì a studiarli perchè giustamente non gli tornava ‘sta storia che un fiume, dovendo arrivare al mare, ci metta tutto quel tempo, cioè scelga, deliberatamente, di fare un sacco di curve, invece di puntare dritto allo scopo, devi ammettere che c’è qualcosa di assurdo, ed è esattamente quello che pensarono anche loro, c’è qualcosa di assurdo in tutte quelle curve, e così si son messi a studiare la faccenda e quello che hanno scoperto alla fine, c’è da non crederci, è che qualsiasi fiume, proprio qualsiasi fiume, prima di arrivare al mare fa esattamente una strada tre volte più lunga di quella che farebbe se andasse dritto, sbalorditivo se ci pensi, ci mette tre volte tanto quello che sarebbe necessario, e tutto a furia di curve, appunto, solo con questo stratagemma delle curve, e non questo fiume o quello, ma tutti i fiumi, come se fosse una cosa obbligatoria, una specie di regola uguale per tutti, che è una cosa da non credere, veramente, pazzesca, ma è quello che hanno scoperto con scientifica sicurezza a forza di studiare i fiumi, tutti i fiumi, hanno scoperto che non sono matti, è la loro natura di fiumi che li obbliga a quel girovagare continuo, e perfino esatto, tanto che tutti, e dico tutti, alla fine, navigano per una strada tre volte più lunga del necessario, anzi per essere esatti, tre volte virgola quattordici, giuro, il famoso pi greco, non ci volevo credere, in effetti, ma pare che sia proprio così, devi prendere la loro distanza dal mare, moltiplicarla per pi greco e hai la lunghezza della strada che effettivamente fanno, il che, ho pensato, è una gran figata, perchè, ho pensato, c’è una regola per loro vuoi che non ci sia per noi, voglio dire, il meno che ti puoi aspettare è che anche per noi sia più o meno lo stesso, e che tutto questo sbandare da una parte e dall’altra, come se fossimo matti, o peggio smarriti, in realtà è il nostro modo di andare diritti, modo scientificamente esatto, e per così dire già preordinato, benchè indubbiamente simile a una sequenza disordinata di errori, o ripensamenti, ma solo in apparenza perchè in realtà è semplicemente il nostro modo di andare dove dobbiamo andare, il modo che è specificatamente nostro, la nostra natura, per così dire, cosa volevo dire?, quella storia dei fiumi, si, è una storia che se ci pensi è rassicurante, tanto che ho deciso di crederci (…)”

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Pubblicato 7 febbraio 2013 da gigilamonja in Senza categoria

IMPRESSIONI di NOVEMBRE   Leave a comment

07 novembre 2012

Poetto, Cagliari

Voi non avete nemmeno idea di quello che mi frulla per la testa ogni volta che sono qui. E in effetti nemmeno io ho idea.

Bene dai, almeno partiamo pari. E’ un buon inizio.

Il fatto è che: è tutto un mescolarsi di sensi qui, che lascia un po’ confusi, è come infilarsi  in una lavatrice ed avviare il lavaggio per delicati. Acqua fredda. Ciclo lungo. La strizzatura inclusa. Alla fine ci si sente  un po’ sciancati quello si, però se ne esce più leggeri, ripuliti.

E’ il 7 novembre di un autunno meraviglioso qui in Sardegna.  Ed io voglio dire a tutti di quanto è bella questa giornata. Non siate invidiosi però, che porta sfiga.

Sembra che qualcuno da lassù abbia deciso di incorniciare questo piccolo angolo di terra e cielo apposta per me che sono qui, ferma immobile, ad ammirarlo.

Addosso un jeans, sneakers ed una maglietta. Un sole che mi sta incenerendo la parte destra del corpo. Roba che se non mi giro a dare l’altro mio lato al sole sembro due persone diverse, una ustionata, e una no. Ad ogni modo, mai nessuna ustione fu più dolce.

Davanti a me un mare che sembra abbia un’anima, e che mi legga nel pensiero. Oggi poi, ha proprio esagerato, ha messo su la sua più bella faccia, e s’è vestito di tutti gli azzurri del mondo. Mi vuole bene il mio mare ! E in effetti siamo amici di vecchia data io e lui; rincontrarlo ogni volta con scadenza annuale, tipo la rata del condominio, mi dà un’emozione forte, ogni volta c’ho un magone così.

Sarà pure che sono in fase ovulazione ma davvero, seduta qua in questo baretto sulla spiaggia, quasi quasi mi viene da commuovermi. Anzi quasi quasi lo faccio, piango, senza sonoro eh, tanto con questo sole abbagliante nessuno se ne accorgerebbe. O magari si, e mi prendono per matta. Poco male. Meglio sembrare matti che essere a secco di emozioni.

E comunque se non altro ho imparato qualcosa anche oggi: devo sempre portarmi un foglietto sul quale scrivere. Così non rischio di fare la fine di adesso, che per aver chiesto un pezzetto di carta a questo senegalese, ora mi tocca comprargli tutto il carretto con le collanine sennò non mi molla più. Ma oggi va bene anche questo. Con questo sole e questo mare, che te lo dico a fà!

12 novembre 2012

Oggi parto all’avventura. E siccome sono esagerata, lo faccio alla grande, mi lancio in un’impresa epica: vado ad Orgosolo. Vado a vedere i murales, vero e proprio patrimonio artistico e culturale dell’ Italia.

Sempre se ci arrivo.

Andando verso la stazione dei treni l’autista dell’autobus, fermo ad un incrocio, in uno slancio volto a rassicurare noi passeggeri dice: “ Se sentite il botto, significa che non ho visto la macchina arrivare”. Ooooottimo! Se il buongiorno si vede dal mattino…

E infatti arrivo in stazione e vedo che i treni che vanno nella mia direzione sono 3. I mean,  in tutto il giorno. 3 bloody treni. Scommetto che passano più treni nel Far West… magari da una riserva indiana all’altra… e loro hanno pure i cavalli per spostarsi. Gli indiani dico. Ok che hanno subìto secoli di soprusi, però un po’ per uno in braccio alla mamma eh. Qualche treno in meno a loro e qualcuno in più a noi in Sardegna no?!

Orgosolo è immersa nella Barbagia. Quest’area è conosciuta più per la sua fama di zona calda e impenetrabile, teatro di rapimenti e vendette tra pastori, piuttosto che per i paesaggi mozzafiato, che sono di una bellezza reale, autentica, di altri tempi. A detta di mio cugino, anche lui in uno slancio ottimista come l’autista di prima, il luogo dove mi accingo ad andare è un luogo dove accadono cose “strane”. Assolutamente rassicurante. Grazie oh.

Mio cugino racconta di un periodo nel quale lavorava da quelle parti, e dopo i primi giorni in cui lui e i suoi colleghi venivano squadrati da capo a piedi, roba che manco un radiologo farebbe un’analisi più accurata, insomma dopo quei primi giorni un po’ delicati, ogni volta che andavano al bar a prendere un caffè, non riuscivano mai a mettere mano al portafoglio. Semplicemente, chiedevano il conto al barista e questo puntualmente diceva: “è già pagato”. Ed ogni volta questi si guardavano l’un l’altro cercando di capire chi fosse stato così abile e veloce da non farsi beccare dal resto del gruppo. Ma chi pagava il caffè non stava mai tra di loro. Erano gli abitanti del posto che a turno, seduti al tavolino del bar, con un semplice cenno del capo facevano capire al barista che il caffè lo offrivano loro. Questo avveniva in segno di riconoscimento nei confronti dei “forestieri”, nel caso specifico mio cugino & co, che col loro lavoro stavano dando un contributo al paese che li ospitava.

Roba da non credere. Sono persone di poche parole quelli della Barbagia. Ma di grande onore. E tutto questo è anche molto affascinante, si, però tutto sommato il caffè me lo pagherei pure da sola, così, giusto per non farmi venire l’ansia…

Detto questo, se torno a scrivere qui, qualunque cosa vada raccontando, significa che è andata bene. Speriamo solo di non avere voglia di caffè oggi vah.

13 novembre 2012

Sono tornata!!! Ma chi m’ammazza a me!

Ho ancora la bocca asciutta a furia di salutare eh, no perché sembra che lì ad Orgosolo tutti ti conoscano da una vita, che ti abbiano vista nascere, dire mamma, fare i primi passi. Piuttosto si interrompono dal fare altro, ma buongiorno/buonasera, quello è sacrosanto. Ho imparato questo, in Barbagia il saluto non te lo nega nessuno. Ed è bellissimo, date anche le aspettative gentilmente fornite da mio cugino e, cosa più importante, da quello che racconta la storia di questi posti.

Ho fatto anche il viaggio della speranza eh, sono partita alle 8,00 (già miracolo per me, nella fattispecie) e tornata alle 23,00 – lascio a pochi intimi il gusto sadico di conoscere i particolari tragicomici – per un viaggio che si sarebbe potuto effettuare in non più di 3 ore… ma questo non importa, d’altra parte il mio ritardo cronico da qualche parte lo avrò pur ereditato…  quello che volevo vedere l’ho visto, e ne è valsa la pena. La storia del mondo, e nello specifico della Sardegna, raccontata attraverso quadri dipinti sui muri. Molto suggestivo. E di grande impatto visivo.

E comunque anche se bivacco, devo anche dire una cosa ad onor del vero: col caXXo che il caffè me lo sono presa!!! Tié. Meglio andare sul sicuro, che c’ho ancora un sacco di cose da fare nella vita io.

Maaaaa… non sono qui per parlare di questo.

Sono qui perchè oggi ho realizzato che forse bisognerebbe cogliere certi segnali. Un po’ perché ci evitano delle crisi isteriche, del tipo che dici: “evvabbè pazienza, doveva andare così, me l’ha detto il segnale”. E un po’ perché magari esistono davvero, non sono delle semplici coincidenze. E’ bello pensare che magari che ne so, le anime che ci proteggono da lassù, il cielo, la terra, abbiano come unico mezzo di comunicazione quello di far accadere delle cose, con lo scopo di indirizzarci su questo o quello, come per darci un consiglio. Ebbene, oggi la Sardegna ha deciso che mi vuole ancora un po’ con sé! Così come qualche giorno fà il mare del Poetto, mostrando il suo azzurro più bello e scintillando in un giorno di autunno, mi convinse a fermarmi ancora un po’ con lui, a fargli compagnia.

E così io oggi non bestemmio contro la burocrazia che non si sa quando mi farà avere il mio nulla osta per aggiornare la carta di identità, senza la quale non posso partire, e non bestemmio nemmeno quando ACCIDENTALMENTE sento due signori che parlando tra di loro dicono che al momento gli aerei diretti a Genova vengono dirottati su Pisa causa maltempo, porc….

Ah no! No eh. E’ casa mia che mi vuole mica posso controbattere, e poi a lei non piaccio quando dico le parolacce!

… Che poi, pensandoci su, con accanto un’opera d’arte finissima come questa, che meriterebbe di essere  riprodotta su un muro di Orgosolo, questi due capolavori della natura che sono un pò anche miei, se non altro sono una mia estensione “Atzenosa”… o “Atzenoidale”… whatever, ma davvero ho bisogno di segnali provvidenziali per fermarmi ancora un po’?

 

The ATZENI’S: Lorenzo e Chiara Sofia.

Pubblicato 17 novembre 2012 da gigilamonja in Senza categoria

RIFLESSIONI DI UNA PSICOLOGA MANCATA (O “PSICOLOGIA TRENITALIA”)   Leave a comment

Io non ho delle semplici radici di appartenenza. Ho radici quadrate.

Più lunghe, più complesse, più articolate.

Prendete per esempio adesso, sto andando via da casa mia a Roma per andare a casa mia da famiglia e amici (Chiavari, Liguria) per poi da lì andare a casa mia quella natale (Guspini, Sardegna).

All’occorrenza ho sentito di essere a casa mia perfino in Autogrill, quello che si incontra più o meno all’altezza di Pavia, perchè ci ho fatto la pipì un sacco di volte, e ci ho mangiato diverse rustichelle, che mi piacciono tanto.

Ho quindi tante case, o forse non ne ho nemmeno una. E’ sempre questione di punti di vista.

Con la stessa facilità con la quale “mi sento” a casa, posso anche prendere e partire, lasciare quella che è stata la mia casa fino ad un certo momento, per diventare la regina di un altro focolare domestico, chissà dove.

E’ anche un pò confusionario se ci pensate, perchè se dico “Oggi me ne sto in casa” in realtà potrei aprire una storia senza fine.

Oppure dovete cercarmi:

voi: “Giò, dove sei?”

io: “A casa”

voi: “Ma che mi pigli per il culo?”

E magari nasce una discussione.

E’ un po scomodo insomma.

Eppure non riesco a fare altrimenti.

Tutto ciò si complica ad un livello più alto quando c’è qualcosa che non mi quadra. Ovunque sia la mia casa in un preciso istante, se c’è qualcosa che non va secondo i piani, allora il mio olfatto si affina, e comincio a sentire l’odore di case vecchie, o di case nelle quali non ho ancora abitato. E mi viene voglia di partire.

La mia personalità in questi casi si può definire del tipo TPN: “Personalità da Trapezista con Problemi al Naso”.

Mi immagino proprio, con la tutina sportiva e i piedi nudi, io che me la viaggio a testa alta su di un filo, e davanti a me tutta una platea in apprensione. Finchè tutto va liscio non sgarro di un passo, cammino sul filo come se niente al mondo possa smuovermi. Ma quando qualcosa va storto, eccomi che mi ingambo, il filo trema , io barcollo ma non mollo, scivolo e mi sorreggo su quello stesso filo con la sola forza degli alluci, a testa in giù con tutto il sangue che mi va al cervello. Tutta la platea che fa “Oooohhhhhh!”. Ed io che faccio “Merrrrda.”

Ed è lì, in quella posizione sgradevole, da dove vedo le cose al contrario, che sento tutti gli odori del mondo, tranne quello di casa mia.

L’odore di frangipani è quello più inflazionato, mi fa pensare a posti lontani, esotici, posti che ho già abitato, e mi fa sentire di nuovo a casa. Insomma una delle tante.

E su di nuovo dritta.

Oh! Non cado mai eh!

Ho gli alluci di velcro io.  E’ l’olfatto che mi frega!

Adesso comunque, sembrerà poco catchy, magari nessuno andrebbe a comprarsela in profumeria, però questa fragranza al pesto-misto-mirto ha un nonsochè di speciale, sà tanto di libertà quanto di familiare, di vento quanto di fuoco.

E’ l’odore di cui ho bisogno.

Odore di… Casa.


	

Pubblicato 30 ottobre 2012 da gigilamonja in Senza categoria

HAPPY IMPERFECT X-MAS EVERYONE!   Leave a comment

Scritto in viaggio, Roma-Chiavari
Credits to Trenitalia
21 dicembre 2011
 

Che figata il Freccia Bianca! Costa un botto ed è anche arrivato con 40 minuti di ritardo eh, però ora se la viaggia che è una bomba! Dovrebbe anche essere wi-fi free, io non riesco a connettermi ma magari in 5 ore di viaggio, se persevero, prima o poi ce la faccio! Ma… alla fine della fiera, non è che poi… questo Freccia Bianca in realtà fa cagare?

Comunque, se anche fosse, chissenefrega, oggi è il 21 dicembre, ed è una giornata bellissima. Sto tornando a casa, in Liguria. Oggi faccio una sorpresa a papà e mamma. E anche se mamma dice sempre che a lei le sorprese non piacciono per niente, sono sicura che quando mi vedrà gli occhi le verranno un po’ più rossi. E poi magari dirà che è il freddo. La conosco la mia mamma!

Oggi è il 21 dicembre, è l’anniversario di matrimonio dei miei, 37 anni per l’esattezza, un botto a pensarci, fuori c’è un sole così, e questo paesaggio italiano, questo cielo così azzurro, mi danno un senso di sicurezza e benessere come la borsetta dell’acqua calda nel lettone nelle sere d’inverno. In queste sere dove si secca insomma. Poi penso a tutte le cose che, riguardandole, risentendole, mi sono mancate in tutto questo tempo lontana dall’Italia, il sapore del primo cappuccino + croissant alla marmellata dopo un anno e mezzo di non cappuccino e non croissant alla marmellata, da commuovermi proprio, che quasi quasi mi dispiaceva consumare quella combo tanto era bella e buona, un capolavoro artistico, rimanere lì a fissarlo e parlarci anche per circa 10 minuti come se anzichè una colazione fosse un dipinto di… di… Turner, perché a me Turner piace proprio tanto; il rumore delle tazzine e l’odore del caffè BUONO; poi vedere le città dall’alto e godermi i tetti rossi, o color terra, e i terrazzini con i vasetti di fiori e i fili con i panni stesi… l’aperitivo con buffet, la gente che gesticola e urla, manco gli italiani fossero tutti sordi per davvero. E poi la pasta fatta col sugo di mia mamma, che più buono non ce n’è, e pure la sua faccia, di mia mamma dico, lo so che ho detto mamma un sacco di volte in poche righe, ma che ci posso fare? Di mamma ce n’è una sola, e voi direte “meno male, sennò chissà quante altre volte l’avrebbe scritto ancora”… che stronzi! E poi la faccia di papà e di mio fratello e di Lorenzo. Insomma tutte quelle cose che fintanto che sei in giro non è che ti mancano, però poi quando le rivedi dici “Cavoli, ma come ho fatto tutto questo tempo senza…”

Poi sei nella città dove senti che vuoi essere, la Città Eterna, fai un passo e ti sembra di essere tra le pagine di un libro di storia, traspiri attraverso tutti i pori del tuo corpo la vita tua, della tua famiglia, del tuo vicino di casa, del suo gatto e di tutta l’Italia messa insieme. Trovi, a gran botta di c**o una casetta senza tante pretese ma bellina, in centro, i padroni di casa carini come se fossero i tuoi genitori con l’unica differenza che anzichè darteli i soldi, te li spillano perché ok che è Natale e loro sono buoni, ma mica l’affitto te lo regalano…

E senti che Natale quest anno non ti pesa come magari è successo altre volte, ma quasi quasi sei contento, come lo sono i bambini, perché loro aspettano Babbo Natale e non gli interessa nient altro. Vabbè io non è che credo che Babbo Natale arrivi eh, anche perché l’ho scoperto una mattina che mia mamma parlava con mia zia e diceva che si era sbagliata, e per confezionare i regali aveva usato della carta che avevamo in casa, e che quindi io mi sarei accorta della strana coincidenza. Mica Babbo Natale poteva avere la carta uguale alla nostra. Quella mattina c’ero rimasta talmente male che credo di non aver parlato fino al Natale dopo. Che delusione. Ogni tanto ci penso ancora. Che peccato. Credo di essere rimasta bassa anche un po’ per questo. Per la delusione.

Però non è che sono proprio sicura che Babbo Natale non esiste eh. Perché qui c’è Simone. Simone è il fidanzato di Anna Laura. Anna Laura è la gemella di Antonella. Simone ogni tanto si crede Babbo Natale, o magari lo è davvero. Così prima ancora che esprimi un desiderio, anzi, prima ancora che sai cosa vuoi o di cosa hai bisogno, lui già lo sa, e te l’ha già portato a casa tua. Così succede che avrò la casa piena di teschietti nel giro di poco tempo, e mi toccherà mandare via Antonella per farceli stare tutti (tvb Nellix 😉 )…

Ecco Simo-Natale non passa dai caminetti, arriva bello preciso in macchina o in motorino, sgancia un albero di Natale, una tv lcd o una macchinetta del caffè e poi se ne rivà, occasionalmente si ferma a bere un caffè, ma di rado eh, perché generalmente la macchina ce l’ha parcheggiata in doppia fila, che la Tuscolana è sempre trafficata, secondo me con dù renne se la cavava meglio… però vaglielo a spiegare a lui, è un Babbo Natale moderno…

Sai che c’è, a me questo spirito natalizio quest anno mi piace davvero, lo avverto nelle piccole cose. Lo avverto quando fantastichiamo su come far diventare la stanza X una sala/studio dove metterci a fare arte, lo avverto quando tappezziamo il pavimento di pagine di giornale per buttarci a terra e dipingere alberelli di cartone e palline colorate come i bambini, quando ci smezziamo una birra in tre solo per il piacere di condividerla, o forse perché in frigo ne è rimasta una sola e visto che è Natale e siamo tutti più buoni evitiamo le discussioni su chi si è bevuta l’ultima ahah, o quando qualche sera mandiamo a cagare il portafoglio, che chissà magari domani moriamo – grattatina – , e ci facciamo una bella cena a base di pesce al sale e vino bianco e viva la salute! O ancora quando facciamo a gara a chi trova tra gli scaffali dei negozi le cose che costano meno, che sono quelle che verranno comprate automaticamente, fanculo la qualità: CHINESE IS THE NEW GUCCI! Meno male che ci sono loro vah…

Un’altra cosa che mi piace un sacco è quando all’unisono ci mettiamo tutte e tre a leggere, ognuna nel proprio angolo, ognuna col proprio libro, e la stanza si trasforma in una corsia di biblioteca, una mosca volare non la senti.

Sono quelle piccole cose che rendono questo Natale un Natale piacevole, quando per una volta non metti il tuo anno che sta per finire al vaglio – perché poi si sa viene sempre un po’ di malinconia – , ma quel poco che hai ti basta al momento e guardi all’anno nuovo anziché voltarti indietro. Boh sarà poco, sarà imperfetto ma, ribadisco, a me la perfezione dopo un po’ mi sta sulle balle…

Buon Natale Imperfetto a Tutti! Cheers!

Pubblicato 22 dicembre 2011 da gigilamonja in Senza categoria

ISOLANA TUTTA LA VITA   1 comment

… Ci voleva proprio un’altra isola per decodificare in modo appropriato emozioni e pensieri accumulati in un anno e mezzo di meravigliosa vita australiana.

Mi sa che c’è un filo invisibile che unisce tutte le isole del mondo.

…Vabbè questo forse è troppo presuntuoso, ma posso certamente dire con cognizione di causa che c’è qualcosa che accomuna la mia Sardegna con la altrettanto mia (uhm, forse un pò meno mia) Australia. Non lo so, sarà l’aria e il vento, saranno le coste selvatiche, sarà l’entroterra a volte quasi impenetrabile e il carattere così semplice della gente, l’economia agricola, la take-it-easy attitude che in Sardegna si traduce meravigliosamente in ritardo cronico, lentezza di vita, pranzi e cene portati almeno 2 ore in avanti! Aaaaahhhhh!

Insomma, tutto questo per dire che io, in Australia, mi sono sentita un pò come a casa mia, e che mi manca tanto! Ooooh l’ho detto!

… I giorni che seguono ad un ritorno sono per me sempre molto delicati, nella mia ultima esperienza avevo il rubinetto dietro agli occhi aperto in maniera irreparabile, questa volta incece c’ho in testa come un frullatore rotto, insomma c’è sempre qualcosa che mi si rompe. Questo bloody frullatore produce  una cosa come 47 domande al secondo in heavy rotation, risposte manco mezza!

Eppure quest anno io sono diventata grande!  C’è un aneddoto che fa  capire meglio la situazione. Un giorno di qualche anno fa, ad un passo dalla laurea, scoprii che… non mi sarei laureata! Motivo: i miei crediti erano stati contati male ed ovviamente questo fu scoperto alla consegna della tesi. Avevo ancora un esame e la mia discussione sarebbe slittata a… TEMPO TBA (To.Be.Announced).  Sensazione: un’intera casa su tre piani, di mattoni, qua, proprio sul coppino! Tuuuuutta giù, un mattone dopo l’altro! La segretaria, che porella non c’entrava niente, dopo essersi sorbita il mio attacco isterico misto a convulsioni miste a gorgogli indecifrabili degni di Emily Rose la bambina posseduta de “L’Esorcista” mi disse, educatamente, una frase che sarebbe bene mi ricordassi più spesso: “Se c’è una soluzione non è il caso di preoccuparsi, se non c’è una soluzione preoccuparsi non serve a niente”. E’ veeeero! Quanta saggezza in quelle parole!

E così, dopo questo insegnamento, e dopo essere stata “toccata” dalla splendida NO WORRIES attitude australiana, sto provando a “preoccuparmi” meno, ecco.

Ho quasi 30 anni e non ho ancora un lavoro decente? No worries, mate!

Gli adolescenti che urlano e schiamazzano cominciano a darmi sui nervi, come se fossi una vecchiaccia inacidita? No worries, mate!

Mi guardo allo specchio e vedo che le rughe di espressione hanno affittato tutta l’area intorno alla coda dell’occhio, oppure che cominciano a spuntare nemmeno tanto timidamente, mannaggia a loro, i primi capelli bianchi? Li vedi lì, che si ergono con soddisfazione, belli dritti come pali della luce, almeno seguissero l’andazzo di quelli neri, invece no! E grossi e resistenti come una lenza per pescecane, sti stronzi… Well, no worries mate!

Litigo più o meno tutti i giorni con qualcuno dell’INPS, del collocamento, dei sindacati, della camera del lavoro o dell’informa-giovani (che ormai per casi come il mio dovrebbe chiamarsi informa-hey!-non-sei-più-così-giovane!) perchè sono dei bloody incompetenti? No worries, mate!

C’è sempre chi sta peggio di te, eppure sorride sempre alla vita. E io questo ve lo garantisco:

Bambini che giocano e si divertono con recipienti per pesci. Cambogia, villaggio di pescatori, agosto 2011.

D’altro canto, ho aperto una sfida contro me stessa, devo testare il mio grado di coraggio, che si misura in base alla resistenza a rimanere qua, cercando di fare la donnina seria in cerca di stabilità, ruolo che il più delle volte mi va proprio stretto stretto, come il vestitino della prima comunione, se provassi ad indossarlo adesso.

Mi capita un sacco di volte che la gente mi dica “ma beata te, che viaggi così, ci vuole coraggio!”.

Macchè coraggio! Il coraggio ce l’avete voi, a stare qui!

Io più che essere coraggiosa, diciamo che assecondo la mia indole, una naturale predisposizione a… fare la scappata di casa.

E sono proprio portata eh!

Però è tempo di… di… non riesco manco a dirlo… DI FERMARSI.

Si si, ho deciso mi fermo.

Almeno fino a nuova partenza! 😉

Pubblicato 25 settembre 2011 da gigilamonja in Senza categoria

GOODBYE MAMA. GOTTA GO.   Leave a comment

Vicina vicina alla fine, tanto da sentirne quasi l’odore, ho capito un pò di cose di questo paese. Ho capito per esempio perchè fin da quando ho messo piede qui ho sentito questa terra così calda e familiare. Non so se avete presente le fattezze dell’Australia, ma a me addirittura quelle fanno pensare ad una mamma gigante, anche un pò sovrappeso che fa ancora più mamma, con le due estremità in basso, Perth e Melbourne per intenderci, che sembra si chiudano in un abbraccio gigante. Vabbè ci vuole un pò di fantasia me ne rendo conto, però a me l’Australia è questo che sembra. Una mamma che ti aspetta a braccia aperte . Una mamma che quando ti abbraccia lo fa così bene che dopo ti rende difficile andare via. Poi vabbè sarà anche che io sono un caso a parte, tanto che per rimanere coerente con l’inizio non solo continuo ad affezionarmi senza rimedio ai posaceneri, ma adesso ho fatto addirittura l’upgrade, sono passata anche a penne, spazzolini, perfino fazzoletti snarigiati purchè mi ricordino dell’Australia. Una cretina insomma. E pure ossessivo-compulsiva. Oltre ad aver capito alcune cose sull’Australia, di riflesso, ho capito anche tante cose su di me. Quindi l’Australia, oltre ad aver sopperito al ruolo di mamma, è stata anche un pò il mio strizzacervelli personale. Porella. Ironia a parte, ho capito di me che sono una backpacker mancata. Cioè sono una pussy in un corpo di backpacker. Tradotto una frignona che si crede una backpacker di quelle con le palle quadrate, non so se mi spiego. Insomma, viaggio da un pò di anni ormai ma ancora non ho capito una mazza! Il backpacker è colui che prende il meglio di ogni posto in cui si trova, assapora tutto, assorbe persone e fatti, va anche un pò a scrocco sennò non è un vero backpacker, e si riempie di vita. E’ automatico: va a corto di soldi ma si arricchisce in spirito. Un milionario in spirito. E fin qui ci siamo. Io mi merito un bel 10. Soprattutto per la coerenza nel rimanere senza soldi. Il backpacker però è anche colui che, preso tutto il “prendibile”, si gira col suo bel zainone gigante stando attento a non creare incidenti nella torsione, perchè il backpack può anche trasformarsi in un’arma gigante se non calcoli bene le distanze, e se ne va bello contento per la sua strada, alla scoperta di altre lande inesplorate. Chiuso un  capitolo, se ne apre un altro. Taaac. E avanti! Ecco, io è lì che mi perdo. Voto dal 2 al 3. Io ho una malattia, in ogni posto in cui sono stata mi sono fatta un film. Ogni posto è stato potenzialmente il “mio” posto, cioè quello dove mi sarei voluta fermare. Con tutte le conseguenze del caso, al momento della separazione. Se poi in una città o in un paesetto sperduto, quello non ha importanza, una volta superato il limite di permanenza, che per me si aggira intorno ai due mesi, mi si accende una lucina rossa. Allarme. Addio. Mi vedo già con una casa, 2 o 3 figli, il mio parchetto preferito, il mio baretto preferito dove fanno il caffè più buono, il mio salumiere di fiducia, e il mio angolino personale, che infatti è stato, in ordine sparso: il riverfront di Surfers Paradise, l’albero gigante che si affaccia sulla spiaggia di Cardwell, il Sunset Market di Darwin, di Sydney potrei sciorinare anche più opzioni! Con Melbourne grazie a Dio non ho fatto in tempo a farmi il film, sennò sarei rovinata… anche se Fitzroy… Praticamente sono un caso disperato. AIUTO! Facendo un breve riepilogo ho anche realizzato che, fedele al suo status di mamma, l’Australia ci ha dato anche qualche NO gigante, tipo insegna a neon su una strada buia. E mica le mamme sono sempre accondiscendenti! Penso, anche un pò orgogliosa, al ciclone e conseguente evacuation nei parcheggi sotterranei, ai bedbugs e a tutti gli animaletti stronzi che si nutrono di carne di backpacker, penso a tutti i NO che ci hanno dato i farmers, ai giri di Peppe che abbiamo fatto tipo pallina impazzita del flipper per trovare un cacchio di lavoro, che se segni la traiettoria su una mappa porco giuda sembra il viaggio di uno psicopatico… penso a quando, nell’indimenticabile viaggio a Uluru abbiamo dormito sotto le stelle ad una temperatura polare con solo un sacco a pelo e durante la notte, per non farmi mancare niente, sono stata punta e/o morsa da un animale di natura ignota, che a detta della nostra guida, uomo di grande tatto, poteva essere tanto uno scorpione quanto un topo e chissà cos’altro dato che in Australia gli animali sanno essere molto… creativi. Insomma dicevo questo animale X si è accanito sul mio pollice, per ben due volte, con conseguente perdita di sensibilità al dito e probabile convulsione notturna. Belle cose! Comunque insomma, quello che non uccide fortifica, io sono qui a scrivere, e nelle notti di luna piena, ci ho fatto caso, non mi sono mai trasformata in lupo mannaro, nemmeno in vampiro, quindi direi che ormai sono fuori pericolo. Poi penso anche a quando sembravo Braccio di Ferro, ma solo se mi guardavi il lato destro, come risultato di una tendinite di merda, o a quando senza che fosse carnevale ho impersonato Bubba Gump. Penso anche ai topini che hanno dormito con noi ad Alice Springs e si sono rosicchiati i miei tim tam e i miei calzini, puliti peraltro, mica scemi. Diciamo che insomma, sta mamma due lezioncine ce le ha date. Ma quando è in buona è capace di cose meravigliose, come solo una mamma sa fare. La Great Ocean Road, tutta tutta, dall’inizio alla fine, il tramonto mozzafiato che ha incorniciato per noi i 12 Apostoli. Le bellissime Olgas, che mi hanno tenuta costantemente affamata perchè sembrano dei panettoni giganti, la città sotterranea di Coober Pedy, tanto sinistra quanto affascinante, i mille riflessi della terra rossa dell’Outback, e le sfumature dell’opale, pietra preziosa bellissima che racchiude in sè tutti i colori del mondo. Darwin, che anche se come città non è chissà che, ci ha regalato i tramonti più belli del mondo, e anche se l’ho già detto non fa niente, merita un rafforzativo, e persone meravigliose che, guarda un pò, difficilmente dimenticherò. Mai andata a lavorare così volentieri, a dispetto delle mie porche 60-65 ore settimanali.
Poi altre persone random degne di nota, il grandissimo Glenn che abbiamo incontrato in una petrol station ad un certo punto del nostro infinito viaggio, che ha speso una mezzora buona ad aiutarci con un problema al campervan, comprandoci senza volere niente in cambio numero due bocce d’olio per il motore. Ma niente niente, neanche un caffè. RESPECT BROTHER. E come non menzionare il metallaro di Melbourne che durante il concerto degli Avenged Sevenfold ha aiutato me e la Anto ad uscire dal girone dell’inferno, ovvero da un pogo veramente hardcore di quelli che manco io ho mai visto, perdendo il suo posto nelle prime file solo per farci da scudo contro una mandria di bestie di Satana ahahah! Attaccate al suo braccio, sembravamo Madonna e Lady Gaga che passavamo in mezzo a orde di gente invasata, protette dalla bodyguard! Che figo! Oppure sembrava anche un pò Final Destination. C’era la fine del mondo condensata a centro sala. Trooooppo Metal! E comunque RESPECT anche a lui. E anche agli Avenged Sevenfold che anche se non c’entra niente SPACCANO DI BRUTTO! Ci tenevo. Comunque come al solito mi sono portata troppo avanti, mica parto domani alla fine! E quindi, siccome oltre che pussy sono anche un pò mammona, mi fermo ancora qualche giorno sotto la gonnella di mamma Australia. Si sta tanto bene qua giù…

Pubblicato 5 agosto 2011 da gigilamonja in Senza categoria

LE DUE B CHE CI SONO PIACIUTE TANTO!   Leave a comment

…A costo di sembrare impopolare agli occhi di molti, compresi i miei di occhi nei primi giorni in effetti, la prima B in questione e’ la B di Bundaberg.

Oh! A noi Bundaberg, Bundy per gli amici, nonostante tutto, ci e’ piaciuta un sacco!

E’ vero che la prima cosa che ci e’ stata detta appena sistemati in ostello e’ stata: “non attraversate ASSOLUTAMENTE il ponte di notte, a meno che non siate in gruppi piu’ o meno grandi, perche’ c’e’ chi spinge la gente giu’ nel fiume”. E’ vero anche che una mattina all’apparenza uguale a tante altre abbiamo assistito ad un litigio tra due pazzi, uno dei quali inseguiva l’altro con un’asse di ferro… e’ vero anche che pare che gli abitanti locali non abbiano una particolare stima per i backpackers, tanto da lanciargli uova marce addosso…

Ed e’ vero anche che nell’ultimo dei 3 ostelli nei quali siamo stati pare che siano stati rubati backpacks e valigie intere senza che nessuno se ne sia accorto. Ed ancora, e’ vero che nell’ostello sopracitato io sono finita, chiaramente, nella camera piu’ busy… mi spiego, la camera in questione e’ un dormitorio da 6 ma magicamente, soprattutto in certe ore di punta, sembrava esserci la piu’ alta densita’ di abitanti del Queensland, cioe’ manco Napoli arriva a sti livelli di sovrappopolamento! Che ne so, sara’ che la mia camera era di passaggio dall’esterno all’interno dell’ostello, sara’ che la dividevo con lo spacciatore d’erba ufficiale, e pure  con il latin lover ufficiale dell’ostello, sara’ l’aria non lo so, fatto sta che dopo lavoro tutti si trovavano li’! C’era chi mangiava sui mobili, chi si guardava un film, chi impartiva lezioni di balli latinoamericani, chi addirittura usciva dalla doccia in gruppo! Un bordello insomma! Quando sotto la doccia ci stavo io invece, forse attratti dalle mie urla da posseduta che intonavano le canzoni degli Avenged Sevenfold, o piu’ probabilmente per farmi stare zitta, tutto l’ostello, 100 anime, era interessato a dispensarmi saluti  e fare conversazione, come fosse facile per me rispondere con la bocca piena di schiuma… boh!

Poi la cucina. Mamma mia la cucina! Le Everglades durante un rave party! Intanto ci dovevi arrivare via airboat per la quantita’ d’acqua che c’era dappertutto, ma poi il casino era indescrivibile, se per assurdo avessimo dovuto entrare con un biglietto per usufruire delle stoviglie, per noi la cucina sarebbe stata sempre sold out! Roba da matti, l’unico giorno buono era il martedi’, perche’ essendo tutti spiantati, al martedi’ c’e’ il “cheap tuesday”, ovvero la pizza a meta’ prezzo. E li’ la cucina era un gioiello, nessuno che cucinava perche’ tutti andavano di pizza, le Everglades trasformate in deserto del Sahara… da commuoversi proprio…

Pero’… sai che c’e’, alla fine tralasciando tutti questi dettagli non era poi cosi’ male, la nostra Bundy! Avevamo i nostri barbeques al parco, le nostre serate al Central o al Banjo’s, le nostre chiacchierate worldwide su base random, avevamo addirittura un supervisor strafigo a lavoro, *Adam* (inserire fischio da scaricatrice di porto), che quando fai le tue porche 12 ore e mezza al giorno fa piacere rifarti almeno un po’ gli occhi anziche’ dare testate al muro… avevamo alla fine tutto quello di cui una persona ha bisogno, beh, certe volte un po’ meno altre un po’ di piu’. E direi che per questo Bundaberg si merita una bella B maiuscola.

La seconda B, non in ordine di importanza chiaramente, e’ una Signora B. Di tutto rispetto. E’ la B di Bali. Il nostro primo incontro con l’Asia, un amore a prima vista, un sigillo, una promessa di rivederci. E presto.

Non saprei nemmeno da dove iniziare, se dai bambini che quando ci vedevano passare ci correvano incontro tutti emozionati perche’ chissa’ il papa’ e la mamma cosa gli raccontavano, forse che l’uomo bianco e’ speciale e pertanto va trattato con rispetto e riverenza. Un’ingenuita’ commovente.

Oppure le signore che ti regalavano indimenticabili sorrisi senza denti, ma belli proprio, perche’ come dice Marco, e’ l’espressione che conta.

Per non parlare dei campi di riso sparsi un po’ ovunque, di un verde quasi terapeutico, che ti trasmette una pace e una serenita’, di quelli che dici “ma io nella vita ho bisogno di riso, voglio mangiare solo riso, vivere in una casa fatta di riso, con il cortile di riso, e coltivare riso tutto il giorno, rotolarmi in campi di riso, e crescere i mie figli qui, in mezzo al riso…”.

Mi piace pensarla cosi’: forse non e’ un caso che la parola riso, per noi italiani, indichi anche l’atto di ridere.

Ah, da quando sono stata a Bali, quanto mi piace il riso!

Bali e’ stata un’altra lezione di vita. La seconda grossa che l’Australia mi ha impartito, dopo il ciclone Yasi.

Quando capisci che basta veramente poco per essere felice -perche’ credo di avere visto una felicita’ autentica nei loro occhi- una casa col tuo tempio per andare a pregare, e niente altro veramente, allora ti rendi conto davvero che sono tutte le altre cose superflue che rendono l’uomo l’essere insoddisfatto e insofferente e insopportabile (e tutti gli inso- che possono venire in mente) che e’.

Ed io che sono rimasta a bocca aperta quando ho scoperto che i tassisti, forse gli unici a potersi permettere tanta tecnologia, usano ancora i mangiacassette, e noi che siamo avanti (o presunti tali) 3 pianeti e che forse dopo l’ultimo modello di ipod che ti lava anche le ascelle con sapone a ph neutro chissa’ cosa saremo capaci di inventarci per sentirci “realmente” appagati…

In certi momenti mi sono sentita cosi’ fuori luogo, cosi’ poco riconoscente per quello che ho, che forse i genitori dovrebbero dire a quei bambini che ci guardavano con adorazione che in realta’ siamo noi a dover imparare come si sta al mondo, e non il contrario…

Ci sarebbero tante altre cose da dire su Bali, ma credo che in luoghi come questo, cosi’ pregni di tradizione, cosi’ spirituali si puo’ dire, ognuno abbia diritto di vivere la spiritualita’ come meglio crede, quindi io non diro’ niente in proposito a questo, alle emozioni che si possono provare immergendo anche solo un dito nelle acque sacre o assistendo ad una cerimonia…

Non diro’ niente altro oltre a quello che ho gia’ detto per mettervi la pulce nell’orecchio 🙂 … lascio tutto nelle mani di chi ha voglia di scoprirlo.

Sulla base di questi ragionamenti, sulla base di quello che i miei occhi hanno visto e il mio petto ha elaborato in quel pezzo di  Indonesia, tutto quello che ho ora, in questo preciso istante, ha un’importanza infinita. Amo Darwin e soprattutto il suo porticciolo silenzioso, amo questo balconcino di legno nel quale son seduta a scrivere, che mi ricorda tanto New Orleans e momenti altrettanto belli, amo stare qui, alzare lo sguardo e vedere un cielo stellatissimo, e la Croce del Sud che mi guarda e che mi tiene compagnia da ormai 14 mesi. Amo l’imperfezione di questo momento, quasi quanto ho amato l’imperfezione del sorriso sdentato di Bali, amo quest ostello di Darwin e poco importa se ha la jaccuzzi ma con l’acqua gelida, o se devo stare attenta mentre scrivo perche’ al minimo movimento sta sedia mi lascia con le chiappe a terra dato che ha una gamba semovente,  o se la cucina chiude alle 9 di sera e se hai fame dopo ti attacchi, poco importa se i bagni li puliscono sempre quando tu devi fare pipi’ e ti tocca andare al piano di sotto, o se ti danno il caffe’ gratis ma poi non ci sono i cucchiai per girare lo zucchero… ma neanche le forchette se vogliamo essere pignoli.

Io ho un balcone che mi piace tanto, e grazie a Dio, anche il mio amato letto a castello!

Poi penso ai miei campi di riso… e sorrido.

Pubblicato 18 Maggio 2011 da gigilamonja in Senza categoria

LA TEORIA DEL CAOS CONDENSATA IN DUE MESI   Leave a comment

” Dicesi Teoria del Caos la teoria secondo la quale i sistemi che regolano l’universo sono apparentemente disordinati, ma sottoponendo la realta’ ad uno studio approfondito emerge che alla base del disordine giace un ordine di fondo, basato solo apparentemente su dati casuali e random”.

C’e’ una cosa che mi piace tanto della vita da backpacker… e’ che non importa dove sia, in quale angolo dell’Australia o in quale ostello mi trovi, l’importante per me e’ avere un letto a castello e, quando ho il mio momento di riflessione, potermi sdraiare sul letto di sotto , anche se non e’ il mio, e portare le gambe in alto e fare pressione con i piedi sulla rete del letto di sopra. Io non so cos’e’ ma mi piace stare messa cosi’, e’ come se ne avessi bisogno proprio quando devo fare il punto della situazione, che non e’ mai un punto ma tanti puntini di sospensione…  e’ come se mi facilitasse il flusso di pensiero, e’ come se il sangue confluisse piu’ facilmente al cervello, e pensare mi viene piu’ facile. Se poi premo forte  con i piedi contro la rete , e a intermittenza , ammazza ti faccio certi discorsi mentali!!!

E’ cosi’ che mi e’ venuta in mente la teoria del caos. Pensando a questi ultimi mesi. E devo dire che noi nel caos ci sguazziamo proprio, anzi potremmo essere rieletti come i nuovi teorici del caos!  Ma non e’ una cosa brutta! Alla fine il caos riconduce in qualche modo all’ordine, e’ un po’ come quella storia che ci si deve perdere per ritrovarsi… bene. Se le cose stanno cosi’ davvero  allora noi siamo sulla buona strada! In due  mesetti tirati  ci siamo persi e ritrovati almeno una dozzina di volte! Dalla Tasmania a Bundaberg, nostra sede attuale dal ben tre settimane, miracolo, e stato tutto un susseguirsi di… teorie del caos!!!

Siamo stati cacciati da un ostello da un pazzo schizzato perche’ non l’avevamo avvisato in tempo che ci saremo trasferiti da un’altra parte; una volta trasferiti, siamo stati dotati di una canadese a due posti dove stavamo in 3 e, dettaglio da non sottovalutare, il terzo era Marco, 1 metro e 90 di…spazio. Nelle notti in cui siamo stati dentro la tenda si e’ scatenata la bufera, ovviamente. Una mattina ci siamo svegliati e nel camp sembrava fosse passato un ciclone, ma come tutti sapete il ciclone e’ arrivato in un altro momento, per davvero! Insomma che c’erano  tende sradicate che stavano sui fili per stendere, pantaloni che dovevano stare  stesi si trovavano al posto delle tende, per terra in mezzo al fango;  gente appesa sugli alberi, galline nei bidoni della spazzatura. Vabbe’ gli ultimi due sono un’esagerazione, pero’ rendono meglio l’idea! Non paghi, a lavoro nei campi come ho gia’ detto abbiamo fatto tutte le stagioni peggio che una pizza, siamo stati tanto sotto il sole cocente, roba che ti ustioni all’ombra, quanto  bagnati fradici da piogge torrenziali, che sei talmente disperato che ti levi pure scarpe e calzini, tanto peggio di cosi’ non puo’a andare. Pero’ chi si dimentica le serate col goon a suonare una chitarra senza saper suonare la chitarra e a cantare canzoni improbabili, a srotolare gomitoli infiniti di spago, a tentare di fare dreadlocks impossibili e a fare giochi demenziali portati avanti per ore ed ore, e anche i giorni successivi…  una popolazione hippie allo stato puro. Dividevamo 3 padelle e 2 pentole in 70, per un coltello dovevi fare a botte, il detersivo per i piatti: oro.  Sembra da pazzi, eppure se non fosse stato per il lavoro che scarseggiava, chi si muoveva da la’… invece ci siamo mossi! E vai di 400imo aereo, rifai il backpack coi rotolini, ridisfa il backpack coi rotolini, scegliti il letto nuovo, rigorosamente a castello senno’ io come faccio a pensare,  e poi… riparti di nuovo! Innisfail,  ostello nuovo vita nuova, solita trafila con la variante che qui il lavoro te lo danno nei denti, e tanto per non farmi mancare niente, una volta che mi annoiavo stavo pure per essere riusucchiata dalla corrente delle Josephine Waterfalls, dopo una bella craniata con tanto di ricordino rosso sangue su una roccia. Belle cose! Il tempo di sistemarci un pochetto, di goderci la Great Barrier Reef con le nostre indimenticabili tutine blu e il capodanno cinese di Cairns, che arriva Yasi. Il ciclone! Evacuati nel giro di qualche ora da Cardwell e Innisfail, i due punti cruciali dove Yasi avrebbe scatenato le sue ire, ed ovviamente dove noi abitavamo, manco a dirlo, e barricati per 48 ore in un parcheggio sotterraneo. Se non fosse che stavamo li’ per una catastrofe naturale, sembrava quasi di essere ad un evento privato di quelli un po’ naif, materassini, carrelli del supermercato pieni di provviste per il cibo mescolate a bambini, forze dell’ordine e giornalisti. E noi, una dozzina di disperati, un ostello itinerante, a meta’ tra il terrorizzato e l’affascinato, sai quando non capisci cosa sta succedendo e ti passa la tua vita davanti, pensi a tutto e niente, pero’ cerchi perlomeno di goderti il momento che, che ne sai domani… ecco cosi’. L’esperienza piu’affiatante in assoluto. Non ce n’e’. Yasi ci ha fatti crescere esponenzialmente, ci siamo emozionati fin quasi alle lacrime quando dopo due giorni di blackout e’ tornata la corrente, quando abbiamo scoperto che i mezzi di trasporto erano di nuovo funzionanti e quando abbiamo potuto usare di nuovo l’acqua corrente.  E’ come se avessimo fatto un viaggio nella preistoria con ritorno.  Io e la Anto ci siamo emozionate un po’ meno quando abbiamo  trascorso la notte in piedi perche’ i bedbugs ci avevano spodestato dai nostri rispettivi letti prima, poi da un tavolo sul terrazzino dopo e infine anche dalla hall dell’ostello. La Anto si e’ emozionata ancora meno quando guardandosi allo specchio non si trovava la faccia le gambe e la braccia, completamente piena di pustole da bedbug. Yasi ci ha dato una nuova coscienza, una nuova sensibilita’; vivere a contatto con persone che hanno perso case o attivita’, vedere i “nostri” campi completamente rasi al suolo ti da’ una tristezza infinita ma dall’altro lato ti senti di ringraziare per le cose che hai, perche’ niente e’ cosi’ scontato come sembra. Yasi e’ stato pure troppo apprensivo con noi, pensando che avremmo potuto perdere l’abitudine di fare baracca e burattini, ci ha gentilmente pushato verso il sud del Queensland, cosi’ eccoci qua, Bundaberg, casa del rum omonimo,  600 pubs e 20 case, ma se ci chiedete come sono gli ostelli, dire che siamo preparati in materia e’ assolutamente riduttivo! Li abbiamo girati quasi tutti! Al momento ci troviamo in un ostello dove siamo le uniche tre anime non giapponesi. La policy dell’ostello e’ in giapponese, qualunque informazione e’ in giapponese, la libreria conta 1000 libri dei quali 999 sono manga. La cucina e’ piena di bollitori per il riso! Tutto questo e’ meraviglioso! Quando andiamo a cucinare mi sento tipo suor Germana, abbiamo un seguito fedele di giapponesi che vogliono vedere come si fa una carbonara, la pizza o il tiramisu’, se fossimo stronzi potremmo  tirare su pure qualche soldo per lezioni di cucina, invece facciamo un interscambio sottobanco, noi ti facciamo assaggiare il nostro tiramisu’, tu ci dai un po’ del tuo riso a vapore…  e’ cosi’ che gira il mondo da queste parti… e a noi ci piace! Basta che non mi togliete il mio letto a castello, per carita’, senno’ sono rovinata.

Il nostro caos va avanti a gonfie vele, non vi preoccupate! Love ya all!

Pubblicato 5 marzo 2011 da gigilamonja in Senza categoria

TUTTI I NUMERI DELLA TASMANIA   Leave a comment


12 giorni

4 aerei presi

4 bus

3 taxi

4 ferries presi soltanto a Devonport, prima cittadina visitata della Tasmania, per andare da una sponda all’altra del fiume

4 ostelli in 4 giorni

2 lavori, e in contemporanea

7, gli anni di vita persi a lavorare nei campi di ciliegie sotto una pioggia torrenziale, scalza e fra-di-cia!

10, almeno, quelli guadagnati in nuove amicizie, esperienza, ed arte dell’arrangiarsi 🙂

,  i soldi spesi

357, i capelli sacrificati nel tentativo di fare un dreadlock, mai riuscito

6, le mani che si sono prodigate in questo tentativo, senza successo

1, la certezza che la Tasmania merita ed e’ bellissima, per quel poco che siamo riusciti a vedere, e che quindi ci torniamo, magari quando non piove, magari senza lavorare, cosi’ ce la godiamo anche eh…

Pubblicato 18 gennaio 2011 da gigilamonja in Senza categoria